I ricordi di quel periodo sono molto vaghi.
La clinica dove fui ricoverata era nella mia città. Era fatiscente e cadeva a pezzi. Ricordo che ero in camera con almeno altre 4 donne.
Mi pare che i medici fossero gentili con me ma non ne sono sicura, proprio non riesco a ricordare. In quel posto desolato erano ricoverati sia uomini che donne di ogni tipo di età e background.
Un tizio aveva addirittura incendiato casa propria, credo uccidendo qualcuno. Un’altra aveva fatto talmente tanti elettroshock che vagava tutto il giorno in camicia da notte e parlava con la pioggia.
Conobbi una signora che mi regalava sigarette.
All’epoca non fumavo, ma ho cominciato. Ho sempre detestato i fumatori. Nessuno poteva fumarmi accanto e rovinare il profumo del mio shampoo.
Ho cercato di proteggere la mia sanità mentale come meglio potevo.
Scrivevo, dipingevo, mentivo.
Mentivo agli amici che mi credevano in ferie. Non potevo dire a nessuno la verità.
Venne qualche volta a trovarmi LEI. Di LEI ne parlo solo ora perché faccio fatica ad inserirla nel giusto spazio temporale. LEI, la Dottoressa C., psicologa e psicanalista mi aveva in cura da circa sei mesi o un anno all’epoca.
Mi ero decisa a prendere sul serio la psicoterapia. All’inizio ebbi un colloquio con SUA MADRE che lavorava nello stesso studio, ma dopo avermi ascoltata mi disse che non poteva curarmi e mi “rimbalzó” alla figlia.
Ad oggi la ringrazio ancora per il suo rifiuto. In ogni caso la Dottoressa C. merita un post tutto per sé, ed anche una statua a Cittá del Vaticano.
Una volta dimessa ci indirizzarono al Dottor G2, psichiatra di grande fama nazionale. Lo ricordo un uomo distaccato, pieno di sé e con zero empatia. Il suo studio rifletteva la sua pochezza d’animo. Freddo più di una casa scandinava.
Ci fu un ennesimo cambio di cura.
Per non farmi mancare nulla quel farmaco che mi prescrisse mi devastó il corpo. Diventai OTTANTA kg in poco tempo e avevo il fegato distrutto. Quando lo informammo se ne lavò le mani e non rispose più al telefono.
Io continuai la psicoterapia con la Dottoressa C. con i nostri due appuntamenti settimanali e mi affidai al CSM perché non sapevamo più dove sbattere la testa.
Ma cosa facevi nel frattempo direte voi?
Lasciai l’università ovviamente, le lezioni di filologia germanica non sono semplici da seguire, figuriamoci in certe condizioni.
LEI per me c’era SEMPRE peró. Era la mia ancora, il filo che mi faceva restare attaccata alla vita.
Nel frattempo le mie relazioni interpersonali si fecero sempre più degradate. Frequentavo persone che facevano uso di sostanze e frequentavo uomini poco raccomandabili.
Un giorno mi svegliai e mi sentii come ipnotizzata. Presi la macchina e andai dritto dove mi diceva la mia testa.
Andai in chiesa.
Avevo bisogno di DIO.
Guidavo piangendo per la città e urlavo che sarei morta.
Ora può far ridere ma all’epoca fu come se mi avessero sparato. Non c’era nessuno in chiesa. Nessuno con cui parlare.
Capii che anche Dio mi aveva abbandonata, non solo la medicina.
Volevo uccidermi MA prima avevo bisogno che qualcuno mi dicesse cosa stava succedendo.
Non volevo morire senza una diagnosi.

